Dalla sezione ambiente di REPUBBLICA.IT, traiamo un vecchio articolo di Antonio Canciullo sul deleterio effetto dello smog sui fiori e sui loro profumi.
ROMA – Peccato. Proprio adesso che eravamo tornati ad apprezzarli, proprio ora che il monopolio della vista era stato messo in crisi dal ritorno dall’olfatto, ce li tolgono. I profumi dei fiori svaniscono, cancellati dall’inquinamento, spazzati via dalla nube di sostanze artificiali che arriva a contaminare i luoghi più remoti insidiando le cime dell’Himalaya come i ghiacciai dell’Antartide. Una parte del nostro mondo sensoriale è già scomparsa e oggi per Giuseppe Tomasi di Lampedusa sarebbe più difficile scrivere le pagine del Gattopardo in cui descrive i garofanini che “sovrapponevano il loro odore pepato a quello oleoso delle magnolie”, mentre “da oltre il muro l’agrumeto faceva straripare il sentore di alcova delle prime zagare”. Il furto dell’anima olfattiva della natura è documentato in una ricerca condotta dall’Università della Virginia e pubblicata da Atmospheric Environment. Lo studio, utilizzando un modello matematico, analizza le interferenze prodotte dall’aggressione chimica delle auto e delle ciminiere arrivando a concludere che, nei luoghi più contaminati, viene distrutto fino al 90 per cento dell’aroma dei fiori. Non perdiamo solo il piacere delle passeggiate nei boschetti di ciliegi che in Giappone come negli Strati Uniti, nel momento magico della fioritura, attirano le folle. Un danno più evidente, con effetti potenzialmente devastanti, riguarda gli insetti, in particolare gli impollinatori che non riescono più a fare il lavoro di sempre: rispetto alla fine dell’Ottocento, la scia emanata dalle rose, dal glicine, dal biancospino, dalla lavanda si è drammaticamente accorciata. Cento anni fa gli insetti la catturavano a uno, due chilometri di distanza; oggi il raggio d’azione dell’olfatto si è ridotto a 200-300 metri. Così per api, farfalle e bombi la vita diventa sempre più dura, e le probabilità di mancare l’obiettivo mettendo in crisi il ciclo dell’impollinazione si moltiplicano. “E’ un processo simile a quello di un fenomeno analizzato da tempo con attenzione, lo smog fotochimico”, spiega al telefono l’autore della ricerca, Jose Fuentes. “Nelle grandi metropoli l’effetto della radiazione solare sugli idrocarburi e sugli ossidi di azoto produce il cosiddetto ozono cattivo, quello che finisce nei nostri polmoni. Ebbene, noi abbiamo studiato il passo successivo di questa catena di reazioni chimiche. L’ozono, assieme agli altri inquinanti, entra in relazione con le molecole degli odori floreali intercettandole e modificandole, cioè rendendole irriconoscibili”. Mentre il marketing copia la natura, con le boutique elettroniche della Sony che vengono aromatizzate usando le essenze di vaniglia e mandarino e gli hotel Sheraton che attirano i clienti avvolgendoli nelle fragranze del gelsomino, il modello da cui originano i profumi si perde. E’ come se il mondo urbanizzato, in forte espansione, creasse un muro di interferenze chimiche che disturba il viaggio dei profumi. Una nuova forma di inquinamento che, secondo Fuentes, va messa in relazione con la moltiplicazione dei problemi che affliggono le campagne, dalla morìa delle api all’estinzione dei mandorli in alcune aree degli Stati Uniti: “Abbiamo ricostruito la crescita della quantità di inquinanti in gioco e siamo riusciti a misurare gli effetti progressivi dell’interferenza olfattiva. Ne è uscito fuori un quadro che mostra come il disturbo del ciclo di riproduzione della vita nelle campagne sia messo seriamente a rischio”. “Non è solo un problema di quantità di inquinanti, che pure è cresciuta in maniera notevole”, aggiunge Silvano Focardi, rettore dell’università di Siena. “Abbiamo introdotto nuove sostanze come gli ftalati, i muschi sintetici, i ritardanti di fiamma che hanno effetti preoccupanti sui sistemi ormonali degli animali e degli esseri umani. Questa nuova ricerca dell’Università della Virginia mostra ora che le conseguenze dell’aumento dell’impatto chimico sono ancora più ampie di quanto sospettavamo. Anche se c’è da aggiungere un elemento di ottimismo: le tecnologie più avanzate, a cominciare dall’euro 4 per le macchine, diminuiscono sensibilmente l’emissione di inquinanti”. Chissà, forse riusciremo a ritrovare il profumo della natura. |